Descrizione
Ester Maimeri
La staffetta azzurra
Una ragazza nella Resistenza
memoria, Ossola 1944-1945
Milano, Gruppo Ugo Mursia Editore, 2002
pp. 270 – euro 14,30
La memoria di Ester Maimeri scritta nel 1993 è frutto, come lei dice, di un inquietante dubbio postumo: “Chi erano veramente i buoni e chi i cattivi? Ero giunta alla conclusione che chi vince è buono e chi perde è cattivo”. Aveva solo sedici anni quando nel 1944 diventò staffetta partigiana in Val d’Ossola, dopo aver vissuto, fino a quel momento, in “una spensierata bambagia”. Il padre è direttore di un importante stabilimento chimico, posto sotto la protezione diretta dei tedeschi. I Maimeri sono i “signori” del villaggio, proprietari del castello locale, con varie donne a servizio. Eppure decidono di collaborare con i partigiani e alla piccola Ester viene chiesto di portare messaggi, soldi e di tenere i collegamenti. Così la giovane staffetta è testimone di efferatezze da parte di fascisti e di autoritarie prese di posizione e minacce dei tedeschi nei confronti del padre. Con disinvoltura e anche con un po’ di giovanile incoscienza ha fatto quello che le sembrava giusto, fare da tramite fra la famiglia e i partigiani. Scrive: “pedalo, sono allegra, felice, mi aspetta qualcosa di nuovo, di utile. Odio la monotonia, il non far niente, il subire. Ora potrò fare forse”. Solo il padre era a conoscenza di questa attività e la guidava e la consigliava nei suoi contatti. “Ricordati che non è uno scherzo … sarai sola, affidata esclusivamente alla tua presenza di spirito”, l’aveva ammonita. Così Ester è entrata a far parte della storia della Resistenza ossolana imparando, fra paura e iniziale imprudenza, a farsi più cauta, evitando con furbizia e intelligenza di farsi scoprire. Ha continuato anche a frequentare gli amici e soprattutto la famiglia passando dalla pericolosa attività di “staff Ester” alle passeggiate e ai passatempi con ragazzi della sua età. Collaborava con tutti: coi rossi, coi verdi (quelli del partito d’azione) e, soprattutto, con i gruppi cattolici detti azzurri. Finita la guerra, in Val d’Ossola è grande festa. Molti hanno fretta di iscriversi fra i vincitori. Tutti sembrano essere stati partigiani. A lei viene consegnato il certificato di “patriota” firmato dal generale Alexander. Ma è diventata adulta e adesso pensa che “in guerra si commettono orrori che rimangono appiccicati come un marchio infamante a chi perde. Chi vince se li scrolla via, lo ha fatto per la Patria, è un puro”. Una rara testimonianza di adesione attiva alla Resistenza, da parte di una famiglia dell’alta borghesia imprenditoriale.
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